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Strumenti derivati (Swap): Nullo il contratto se manca la formula per il “mark to market”

Negli ultimi mesi, il Tribunale e la Corte d’Appello di Milano hanno pronunciato alcune importanti sentenze in materia di strumenti derivati, che vanno in una direzione decisamente favorevole per i clienti che hanno stipulato questo tipo di contratti in passato

La Corte d’Appello di Milano, con la Sentenza del 14 Dicembre 2022 (https://www.dirittobancario.it/wp-content/uploads/2022/12/Corte-dAppello-di-Milano-14-dicembre-2022-n.-3939.pdf) ha stabilito numerosi principi in tema di contratti derivati, e in particolare di interest rate swap, soprattutto per quanto riguarda la nullità di un contratto derivato.

Come spiega la Corte, e come molti sanno, un contratto di interest rate swap è un derivato in base al quale due controparti si impegnano a scambiarsi reciprocamente, per un certo arco temporale, un flusso di interessi, uno a tasso fisso ed uno a tasso variabile, calcolato su un ammontare predeterminato, chiamato “nozionale”.

Già la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la Sentenza n. 8770 del 2020, aveva indicato le caratteristiche essenziali di tale contratto ovvero:

  1. è “over the counter” (OTC), ovvero non è regolamentato ma è deciso dalle parti sulla base delle specifiche esigenze del cliente;
  2. non è standardizzato, quindi non è destinato alla circolazione e non è negoziabile sul mercato;
  3. l’intermediario (la Banca) è in una situazione di naturale conflitto di interessi, posto che è contemporaneamente offerente e consulente del cliente;
  4. elementi essenziali sono la data di stipula, l’inizio di decorrenza degli interessi, di scadenza e di pagamento, nonchè il capitale di riferimento e i diversi tassi di interesse applicabili.

Sia la Sentenza delle sezioni Unite che la Corte d’Appello di Milano spiegano che nei contratti di interest rate swap assume un rilievo centrale il cd. “mark to market“, ovvero costo di sostituzione, inteso come la sommatoria attualizzata dei differenziali futuri attesi sulla base del parametro di riferimento al momento della sua quantificazione.

Senza entrare troppo nel tecnico, possiamo dire che il “mark to market” è parte integrante del contratto, al pari della formula che consente di determinarlo.

Prosegue la Corte d’Appello che la formula necessita di essere sviluppata “attraverso un procedimento matematico che attualizzi quello che, in base allo scenario economico, appare essere il prevedibile svolgimento del rapporto“.

In altri termini, il “mark to market” deve formare oggetto di accordo tra le parti e quantomeno nel contratto devono essere indicati tutti gli elementi che ne consentono la determinazione non solo alla stipula, ma anche in qualunque momento futuro.

Secondo le Sezioni Unite di Cassazione e la Corte d’Appello di Milano, che riprende il ragionamento proposto nella sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 2020, in difetto dell’esplicitazione della formula di calcolo, condivisa dalle parti, il “mark to market” non è da considerarsi come determinato e/o determinabile, ben potendo essere quantificabile in termini differenti a seconda della formula matematica di volta in volta adottata.

Pertanto, l’esplicitazione della formula matematica per la determinazione del “mark to market” rappresenta, secondo le Sezioni Unite e la Corte d’Appello di Milano, un elemento essenziale del contratto di interest rate swap.

Infatti, trattandosi di un valore destinato a cambiare a seconda del momento del suo calcolo e dello scenario economico di riferimento, affinchè possa essere determinabile è necessario che sia esplicitata in maniera univoca la formula matematica alla quale le parti intendano fare riferimento per procedere all’attualizzazione dei flussi finanziari futuri.

Fin qui tutto chiaro.

Cosa succede quindi se in un contratto di interest rate swap non è indicata (come spesso accade) la formula di calcolo del “mark to market”?

Secondo le Sezioni Unite e la Corte d’Appello ( e numerosi altri Tribunali, negli ultimi tempi), accade una cosa molto importante: il contratto derivato è nullo perchè l’oggetto del contratto (appunto il “mark to market“) è indeterminato e indeterminabile

Nella stragrande maggioranza dei casi, la formula matematica del “mark to market” non è indicata nel contratto: questo comporta, secondo questo orientamento gourisprudenziale che sta diventando prevalente, che il derivato è nullo.

Per altri motivi di nullità, si rimanda all’articolo avente per oggetto l’esame di altra Sentenza della Corte d’Appello di Milano in tema di trasparenza nei contratti derivati.

Cosa significa che il derivato è nullo? Quali sono le conseguenze?

Ebbene, le conseguenze sono davvero pesanti: la Banca dovrà restituire tutti gli importi addebitati al cliente in esecuzione del derivato.

Avete capito bene: in applicazione di tali principi, al cliente verrebbero rimborsate tutte le somme che la Banca ha addebitato nel corso del tempo per effetto dello scambio dei tassi di interesse previsti nel contratto derivato.

Non è difficile immaginare che questo orientamento giurisprudenziale che si sta sempre più formando troverà sempre più ampia risonanza nei giudizi in corso, anche perchè (come è facile comprendere) una pronuncia del Tribunale di Milano e della Corte d’Appello di Milano, in materia bancaria-finanziaria, normalmente è vista con una particolare attenzione da parte degli addetti ai lavori e non passa inosservata.

Così come è facile immaginare che il contenzioso in materia di strumenti derivati potrebbe subire una rapida impennata.

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