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Leasing e derivati: un binomio efficace?

Tante volte, nel caso di sottoscrizione di contratti di leasing di importo particolarmente rilevante, come è il caso ad esempio dei leasing immobiliari, le Banche propongono in abbinamento uno strumento derivato, in genere uno swap, per la copertura del rischio di tasso.

Questo può avvenire perché di solito il contratto di leasing prevede un’indicizzazione del tasso di interesse ad un dato parametro (in genere su base Euribor), che comporta quindi una variabilità nei flussi finanziari.

Di norma, infatti, il contratto di leasing prevede una durata che va dai 10 ai 18 anni, motivo per cui le variazioni dei canoni legati all’indicizzazione del tasso di interesse possono comportare un  rischio di esborsi particolarmente elevati, soprattutto nei primi anni di durata del contratto.

Che fare allora?

Un rimedio potrebbe essere quello di stipulare un contratto di leasing a tasso fisso, ma così facendo in genere si perdono i benefici legati al fatto che di norma i tassi variabili sono inferiori rispetto ai tassi fissi.

Un’altra alternativa è appunto quella di stipulare un contratto di Interest Rate Swap, che permette dal punto di vista tecnico di trasformare un leasing a tasso variabile in un finanziamento a tasso fisso.

Ad esempio, frequente è il caso in cui le aziende che hanno costituito dei parchi fotovoltaici, finanziati mediante leasing immobiliare, hanno poi stipulato dei contratti di swap per coprirsi dal rischio di futuro rialzo dei tassi di interesse.

Attenzione però.

Occorre effettuare un’attenta analisi in merito alla correttezza dello strumento derivato utilizzato e proposto dalla Banca, che spesso è dello stesso Gruppo Bancario dell’Istituto di credito con cui l’azienda ha stipulato il contratto di leasing (come capita nel caso di derivati stipulati con le Banche principali operanti in Italia).

Per essere definito di copertura, il derivato deve avere precisi requisiti, ad esempio:

  • Deve innanzitutto evidenziare in maniera chiara e trasparente il finanziamento oggetto della copertura (vedasi articolo sulla sentenza sul tema strumenti derivati, della Corte d’Appello di Milano del 24/11/2020);
  • Devono essere fornite al cliente tutte le informazioni necessarie per la comprensione dello strumento, compresa la sua modalità di funzionamento e gli scenari di rischio e di probabilità attesi legati all’andamento previsto dei tassi di interesse;
  • Deve essere negoziato a condizioni di mercato, considerati i margini di guadagno spettanti alla Banca;
  • Deve essere indicato il valore dello strumento (cd. “mark to market”) alla data di stipula, nonché le sue modalità di calcolo

Spesso non tutte queste condizioni sono però perfettamente rispettate, cosicché si possono aprire scenari che possono portare anche alla nullità del contratto di derivato in questione.

Ma questa è un’altra storia.

Un elemento importante da valutare è il tasso di interesse insito nel contratto di derivato: oggi tante aziende corrispondono differenziali anche elevati alle società di leasing in virtù di contratti derivati stipulati negli anni passati, non potendo beneficiare dei ridotti livelli dei tassi di interesse attuali.

Questo in teoria dovrebbe comunque essere il risultato della copertura: fisso un tetto massimo di indebitamento, per tutelarmi dal rialzo dei tassi, sapendo che però non potrò beneficiare dei futuri ribassi dei tassi.

Ma se il derivato non è negoziato a condizioni di mercato, potrebbe anche accadere che il mio tetto massimo è fissato in modo tale da non rappresentare un equo valore di mercato, bensì un guadagno illegittimo (e non giustificato) per la Banca.

In questo caso, occorre pertanto valutare la possibilità di svolgere un’analisi tecnica non solo sul derivato, ma anche sulla sua correlazione con il leasing a suo tempo stipulato, per valutare se vi sono aree di intervento.

Banca, Leasing

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